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ACQUA INFORMATA E MEMORIE DELL’ACQUA.
L’acqua, questa sconosciuta: una matrice universale.
Viviamo, senza rendercene conto appieno, quella che si potrebbe definire per certi versi una civiltà dell’acqua, oltre che della luce. All’elemento acqua tutta l’umanità è strettamente collegata in termini di consumo, e di conseguenza totalmente condizionata da essa. Ci alziamo il mattino per fare colazione avendo la necessità di bere ancor prima che di assumere cibo e spesso teniamo una bottiglia di acqua vicino al letto la notte, nel caso avessimo desiderio di bere. Il nostro bisogno di idratarci è ben più urgente di quello di nutrirci. Possiamo rimanere in vita alcuni giorni in assenza di cibo, ma certamente non rimarremmo in vita in assenza di acqua, perché moriremmo disidratati. Veniamo bombardati da slogan pubblicitari che recitano frasi ad effetto del tipo “l’acqua che elimina l’acqua” e qualsiasi dietologo o nutrizionista che andasse ad intervenire sulla nostra dieta imperfetta al fine di ripristinare alcuni meccanismi inceppati, ci ricorderebbe prima di tutto di bere spessissimo durante la giornata per favorire la diuresi, incentivare un corretto metabolismo, facilitare il transito intestinale ed idratare la pelle. Cuciniamo molti dei nostri cibi nell’acqua ed abbeveriamo le nostre piante e i nostri orti, angosciandoci quando la siccità mette a dura prova il raccolto nostro e quello dei contadini. Affidiamo all’acqua la nostra igiene quotidiana, quella dei nostri ambienti e dei nostri panni. Osserviamo e tocchiamo con mano la manifestazione dell’acqua ogni giorno: la vediamo scorrere dal rubinetto, stagnare nelle pozzanghere, fluire pigramente nei fossi di campagna, correre nei fiumi, catapultarsi nei laghi, nei mari, e negli oceani. La vediamo cadere dal cielo sotto forma di pioggia, neve e grandine; solidificare d’inverno in ghiaccio sull’asfalto dei manti stradali e sulle superfici vetrose delle nostre auto; persino ghiacciare ad uso casalingo negli scompartimenti dei nostri freezer per la conservazione dei cibi. Trascorriamo i nostri delicatissimi primi 9 mesi di gestazione immersi nelle acque del sacco amniotico. Eppure l’acqua la diamo spesso per scontata. Esiste ovunque, ma non desta più di tanto la nostra attenzione.
La superficie terrestre è ricoperta di acqua al 71% della sua estensione. L’acqua è la principale costituente del nostro corpo umano e in generale della materia vivente. Siamo composti in termini di corpo fisico da un buon 70% di acqua e, in termini di molecole, addirittura del 99%. L’origine stessa della vita è formulata, nelle sue svariate espressioni ipotetiche, a partire da un brodo primordiale contenente acqua e una serie di composti chimici contenenti quelli che sono considerati i principali elementi necessari per la formazione della vita: idrogeno, ossigeno, carbonio, azoto, fosforo e zolfo.
Dopo aver elencato tutte queste premesse, è lecito porsi la domanda sul perché, data la straordinaria preponderanza di questo elemento nelle nostre vite, sia dentro il nostro organismo che al di fuori, ci si riduca ad attribuire all’acqua il mero ruolo di buon solvente per moltissime sostanze, di raro reagente relativamente a metabolismo, idrolisi e fotosintesi clorofilliana, rivolgendo invece tutta l’attenzione al ruolo chimico dei soluti, siano essi acidi nucleici, proteine, lipidi, vitamine o ormoni che, alla fine, arrivano a rappresentare solo l’1% della materia vivente.
Si presuppone che la motivazione che sta alla base di questo approccio sia da ritrovarsi nella visione strettamente chimica della vita. Ma essendo molte le chiavi di indagine e lettura che possiamo applicare ai fenomeni della realtà, si è scelto, negli ultimi decenni, in alcuni specifici ambienti della ricerca scientifica, grazie agli studi di rinominati fisici teorici quali Giuliano Preparata ed Emilio del Giudice e Luc Montagnier, medico biologo premio Nobel, di affrontare la dinamica delle reazioni biochimiche e di come esse avvengono, facendo ricorso anche ad una chiave di lettura alternativa. E’ grazie al lavoro di questi eccellenti pionieri e delle loro infaticabili équipes che si è investigato altrove, ponendo l’attenzione su quali siano le modalità fisiche che permettono l’incontro di 2 molecole non propriamente vicine senza fallire il colpo. Come mai va tutto liscio? In virtù di quale intervento non contemplato, o sottovalutato, o mai indagato?